Invito a ricordare

Vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto

14 maggio 2023 – Sesta Domenica di Pasqua
Vangelo: Gv 14,15-21; Seconda Lettura: 1Pt 3,15-18

Lo Spirito Santo, il Paraclito, non costituisce un sorprendente “di più” che completerebbe il tempo pasquale. Lo spirito infatti agisce fin dall’inizio della creazione; ad un certo punto si crea per noi la possibilità di riconoscerlo.
L’angelo dell’Annunciazione, per esempio, è una forma dell’azione dello Spirito: a tempo debito, Maria lo vede e lo riconosce. Lo Spirito agisce in Elisabetta, in Zaccaria, in Simeone, Anna, nei discepoli di Emmaus e in tanti altri. Le esperienze di questi uomini e donne del passato coincidono con il loro conformarsi all’azione dell’unico Spirito Santo, lo stesso che apre la Bibbia, aleggiando sulle acque al momento della creazione.
Nel pensiero religioso attorno allo Spirito c’è l’aspettativa che venga riversato su tutti i credenti: come attendevamo un messia che provenisse dalla stirpe di Davide, e lo abbiamo riconosciuto in Gesù Cristo, così attendiamo che lo Spirito del Signore riversi i suoi doni sulle creature che gli appartengono, fondandoci sulle parole pronunciate nel vangelo di oggi.
Come per un cristiano è inimmaginabile un mondo privo della presenza del Figlio di Dio, così è altrettanto inimmaginabile una realtà non animata dallo Spirito Santo: lo Spirito dà anche forma al modo in cui leggiamo la Bibbia. La sua discesa esplicita qualcosa che, per intuizione, sapevamo fin dall’inizio: la sua presenza e la sua azione si chiariscono e possiamo accoglierle con cognizione di causa. Questo discorso è frutto della fede e dell’esperienza religiosa personale.
È per questo che i discepoli seguono il Cristo, accettando di continuare, talvolta anche senza comprendere fino in fondo le motivazioni di quel che sta accadendo; la perseveranza nella sequela può essere compresa solo tenendo conto che lo Spirito spinge, assiste e sostiene. Quando Gesù annuncia ai discepoli che riceveranno lo Spirito, li avverte e li allerta su quel che succederà:
vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
I discepoli e molti altri, oggi potremmo dire quasi tutti (anche tra i non credenti) hanno già sentito le parole di Gesù, la loro memoria ha registrato quelle parole; alcuni non sono andati via come molti altri hanno invece fatto: “da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui.” (Gv 6,66).
Tutto questo assume un senso molto forte.
Gesù promette un Paraclito e lo definisce “Spirito della verità”, e illustra che il mondo, non può ricevere, perché non lo ha mai visto, non lo conosce. E, dunque, non si può ri-conoscere chi non si è mai visto e conosciuto prima.
In realtà il termine Paraclito è una traslitterazione della parola greca (una non-traduzione): “Para-kletos” significa “chiamato presso”, tradotto in latino diventa “ad-vocatus”. Per noi assume subito un tono giuridico, piuttosto restrittivo: è vero che il Paraclito (come un avvocato che vuole fare luce sulla verità) è anche colui che assiste, conforta e sostiene, ma il senso è ovviamente molto più ampio ed è forse per questo che le traduzioni moderne della Bibbia traslitterano il termine, senza tradurlo.
Noi talvolta possiamo sentirci accusati da una voce interiore; capita quando ci percepiamo esposti agli occhi degli altri come in un processo permanente alla nostra reputazione. Non sempre è facile capire che una simile percezione dipende dal proprio ideale di vita e dal giudizio che in prima persona, e prima di ogni altro, diamo su noi stessi.
La prima funzione consolatrice dello Spirito è quella di difenderci da noi stessi, mostrandoci la verità di ciò che siamo. Da qui si capisce anche quel che ne dice Paolo: “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?” (Rm 8,31).
Non esiste, secondo me, una questione di maggiore o minore colpa fuori dai tribunali umani, che riguardi un qualche tribunale “speciale” di Dio. In senso cristiano esiste solo un principio fondatore cui ispirarsi in grado di mettere in luce tutta la verità in ogni questione: l’amore per Cristo e quindi del prossimo, chiunque esso sia.
Un intero catechismo ha insegnato che “la coscienza è la voce divina dentro di noi”, il che è anche vero, ma la si è voluta troppo spesso malamente interpretare come fosse una voce accusatrice che fa vivere costantemente sul banco degli imputati.
È bene ricordare che in ebraico, l’accusatore è Satana. Ed è anche bene chiarire che il Paraclito, l’Avvocato, è quindi l’anti-satana in senso assoluto: colui che mette a tacere tutte le voci accusatrici di questo tipo, finalizzate a distruggere e a deprimere l’umano.
Il che non significa affatto che quando ci sentiamo in colpa, siamo sempre innocenti, ma che la voce accusatrice malvagia che agisce al fondo di ogni depressione e di ogni ostilità può essere vinta solo al prezzo della verità: non abbiamo amato.
A questo punto, caso mai, possiamo comprendere molte altre cose, per esempio la necessità del perdono per chi si rende conto di non aver amato o di aver amato male, e anche la necessità di liberarsi dalla menzogna per chi non aveva mai voluto vedere e conoscere la verità. In termini di fede parlerei di disponibilità a ricevere l’azione dello Spirito: una specie di fortunata possibilità di ripartenza.
Se la nostra cattiva coscienza continua a rimproverare e a opprimere, nonostante il perdono divino, è bene pregare molto e riflettere sulle parole di Paolo: se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio giustifica. Chi condannerà? Cristo Gesù, che è morto, anzi, che è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi? Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? (Cfr Rm 8, 31 e sg).Il Paràclito è sempre e solo colui che agisce liberando la nostra coscienza, placandola, sgravandola permettendoci di camminare nella verità.
Nelle avversità, potremmo formarci l’immagine di un Dio Avversario, come ad esempio nel caso di chi viene colpito da una grave malattia e se la prende con Dio. È sempre difficile parlare di questo argomento, ma mi tornano in mente le parole di Giobbe: “Dio mi consegna come preda all’empio, e mi getta nelle mani dei malvagi. Me ne stavo tranquillo ed egli mi ha scosso, mi ha afferrato per il collo e mi ha stritolato; ha fatto di me il suo bersaglio” (16,11-12). Ad un certo punto però Giobbe si appella a qualcuno, come percepisse da qualche parte un avvocato capace di difenderlo dalle proprie immagini negative di Dio stesso. Ascoltiamolo: “Ecco, fin d’ora il mio testimone è nei cieli, il mio difensore è lassù. I miei amici mi scherniscono, rivolto a Dio, versa lacrime il mio occhio, perché egli stesso sia arbitro fra l’uomo e Dio” (16,19-21).
Questo è l’inizio dell’ascesa di Giobbe.

Il Paraclito, l’avvocato interiore promesso da Cristo, permette di difendersi dalle immagini di un Dio accusatore e distruttore, provenienti da noi stessi o da altri. Il Paraclito dà, a chi può riceverlo e invocarlo, la certezza che niente e nessuno può vietarci di amare.
Questa certezza porta la pace in ogni dimensione della nostra vita, porta la capacità di ascoltare lo Spirito, che difende dalle false immagini accusatorie prodotte nel mondo, le nostre su noi stessi e sugli altri e quelle degli altri su loro stessi e su di noi.

Leggi qui la riflessione del 17 maggio 2020

Per info sull’immagine di copertina clicca qui

Pubblicato da Oliviero Verzeletti

Missionario Saveriano. Nato a Torbole Casaglia (BS). Cittadino del mondo, attualmente residente in Italia, a Roma dopo diversi anni trascorsi in Camerun.

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