Non era con loro quando venne Gesù
Con l’età, trovo ancora più facile essere come Tommaso Didimo, ho più difficoltà a credere, sento la presenza di Dio meno di prima. Cosa succede?
Nella mia infanzia, i genitori erano molto presenti, mi proteggevano e mi coccolavano, ero, come tutti i bambini piccoli, totalmente dipendente da loro. Tra le altre cose mi hanno educato alla fede, e io mi sentivo benedetto da Dio e non mettevo in dubbio la sua presenza.
Nel Vangelo, questo periodo corrisponde forse alla vita dei discepoli prima della chiamata: erano tutti uomini di fede, nessuno di loro metteva in dubbio l’esistenza di Dio.
Poi è arrivata l’adolescenza, l’età degli entusiasmi e delle crisi, ho messo in dubbio l’autorità genitoriale, ho cercato un gruppo di amici, mi sono innamorato; ho scoperto un mondo diverso e meraviglioso, al quale mi sono dedicato con passione. Ho percorso un sentiero di differenziazione in autonomia.
In maniera simile, probabilmente, i discepoli avevano seguito Gesù di Nazaret, erano tanto convinti del sentiero intrapreso da lasciare le loro famiglie e perfino il loro lavoro.
Hanno vissuto l’esperienza della sequela, i miracoli, l’amicizia, ma anche il deserto: tutto ciò ha riempito di significato le loro vite.
Ad un certo punto, si sono confrontati con la sofferenza, attraverso il dramma della passione e della morte di Gesù.
Man mano che si diventa adulti, ciascuno sperimenta la sofferenza individuale e il senso di perdita; molti vivono benissimo (o così pare) anche senza credere, ma, quel che è peggio, l’ingiustizia e il male sono così presenti alla coscienza, che la terra sembra girare, senza che alcun Dio se ne curi.
Questo dev’essere il tipo di crisi di Tommaso. Gesù risorto? Ma andatelo a raccontare a un altro…
Qualcuno si sta indignando? L’ho pensato solo io?
La prima reazione di tutti gli apostoli, forse con la sola esclusione di Giovanni, è sulla stessa linea.
Poi, il Nazareno risorto li va a cercare, entra nella loro casa, allo scopo di portare loro la pace e il calore dello spirito. I discepoli gioiscono per la sua presenza, perché è vivo.
Tommaso, che non l’aveva ancora visto, non gioisce, piuttosto rimane incredulo, come si trattasse del volto onnipresente e onnipotente di un genitore defunto, scomparso. Stenta a credere.
Credere nella resurrezione. E nella vita eterna. Sperimentare la gioia della presenza del Dio vivente. Per alcuni è naturale, per altri è possibile solo dopo la crisi e il lutto. Ma cosa porta Tommaso a gridare: “Mio Signore e mio Dio”?
Si accorge: Lo riconosce, perché il Cristo risponde esattamente a quello che Tommaso ha per la testa e nel cuore. Gesù, come un amico vero, riprende le parole di Tommaso, quelle di otto giorni prima, dette davanti agli altri discepoli, come se egli fosse stato presente.
Questo tipo di conoscenza è quella che esiste solo nell’amore profondo. Lo stesso si potrebbe dire a proposito di Maria Maddalena: l’uomo, forse il giardiniere, vicino alla tomba vuota, la chiama per nome: “Maria!”, e lei grida: “Rabbuni!”. Il Vangelo di Giovanni recita: “Il pastore conosce le sue pecore per nome”.
Così quando Gesù dice: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”, i genitori si fanno da parte e i figli raccolgono il testimone.
Il dono dello spirito permette un minimo di parità, nell’ambito di una distanza che ci differenzia come persone, ma ci unisce in un orizzonte di portata molto più ampia. Siamo pronti per portare la testimonianza dei vivi ai vivi, nell’amore senza resistenze di chi finalmente si apre all’altro.
Penso che questo paradigma permetta di comprendere il passaggio a una fede matura.
Questo è il Vangelo di Giovanni.
La mia difficoltà a credere deriva probabilmente dalla difficile rinascita della fede dopo la Pasqua: una forma di lutto nella nostra percezione di colui che chiamavamo Dio.
“Nella sua grande misericordia egli ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce”. Così Pietro, nella fede matura, lo stesso che, in preda alla paura, aveva negato di aver conosciuto il Nazareno…
Leggi qui la riflessione per l’Ottava di Pasqua del 2020
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