Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio
26 febbraio 2023 – I Domenica di Quaresima
Mt 4,1-11; Rm 5,12-19
Nella Bibbia ebraica il diavolo appare in varie occasioni e con nomi diversi.
Tutte le religioni lo conoscono, probabilmente per un motivo molto semplice: gli effetti del male sono evidenti per tutti, e quindi occorre che tutte le disgrazie del mondo e tutti i difetti dell’umanità, soprattutto i propri, siano imputati a qualcun altro.
Ma è davvero una realtà, qualcuno, una persona, o semplicemente un mito, rappresentazione della nostra inclinazione verso il male, inventato per inquietare?
Se non fosse solo un mito, sarebbe una creazione di Dio? Indipendente o dipendente da Dio? Se esistesse indipendentemente da Dio, allora sarebbe un altro dio? Il dio del male?
Il cristianesimo risponde senza esitazione: il diavolo è una creatura di Dio. C’è un solo Dio, in tre persone, che ha creato tutto, compreso il diavolo, e la cui volontà si realizza nel bene dell’umanità.
La domanda successiva sorge spontanea: come mai Dio, nella sua grande bontà verso gli uomini, ha creato il diavolo e dunque permette tutto il male che vediamo e le disgrazie che ne conseguono?
Sant’Agostino ha cercato di rispondere, ma senza convincere davvero troppi. Per esempio, ha detto che all’uomo dev’essere concessa la libertà di scelta. In questo modo ci invita a risalire nella scala del pensiero astratto: allora, era proprio necessario che gli uomini, dotati di libero arbitrio, fossero anche costitutivamente attratti dal male?
Coloro che sanno rispondere a quest’altra domanda, senza apparente ostacolo, sono i dualisti: ci sarebbero due divinità, il Dio del bene e il dio del male, in perenne lotta, dentro e fuori l’uomo, e un giorno il Dio del bene trionferà. Si ritrovano queste idee nella religione persiana di Zoroastro, in Platone, nei manichei, nella gnosi, cristiana o meno, nei catari, in certi “teologi” più o meno liberali. La Chiesa è chiara: tutto questo è un’eresia, perché c’è un solo Dio.
In questo universo di domande inestricabili, cosa ci insegna il famoso racconto delle tentazioni nel deserto?
In primo luogo, è lo spirito di Dio, Dio stesso, che conduce Gesù nel deserto, perché sia tentato dal diavolo; proprio così, Gesù è stato condotto alla tentazione, non “abbandonato” ad essa. Gesù, dunque, sarebbe vulnerabile come noi? Come è possibile che, appena toccato dallo Spirito di Dio nel battesimo, sia poi condotto dallo stesso Spirito alla tentazione?
Come punto di partenza per tentare di comprendere meglio, abbiamo soltanto il racconto di Matteo e di Marco; nessuno si trovava sul posto per riportarne una testimonianza scritta esatta; l’incontro è immaginato dalla tradizione della primissima Chiesa, in base ai racconti di coloro che hanno conosciuto e ascoltato Gesù di Nazaret. Matteo, rispetto al racconto molto stringato di Marco, ha qualcosa in più da dire alla comunità giudeo-cristiana cui appartiene, qualcosa di cui è perfettamente convinto e ritiene importante trasmettere.
Gesù, in quel momento, doveva trovarsi nella stessa condizione do ogni altro uomo, alle prese con la fame, molto concreta, di cibo. Ci vuole un “salto” del pensiero e rendersi conto che il deserto, luogo di tentazione per eccellenza – in ebraico Mitbar = assenza di parola – è il dominio del silenzio. Quando tutto tace, e quando la mente tace e siamo nel bisogno, veniamo assaliti da tutti i nostri “diavoli” personali.
Gesù, però, non soffre d’abbandono, il Suo silenzio è pieno della Parola…
La fame su cui tenta di fare presa la sfida di satana è fame fisica … per giunta la fame di Gesù ed è chiaro che la sfida non tiene.
Ma su di noi se ci sentissimo abbandonati alla tentazione, terrebbe?
Non si tratta di sola fame di cibo, è una fame che va molto oltre la sola mancanza di cibo, la potremmo chiamare avidità: si tratta di un impulso di appropriazione, per il quale non è mai sufficiente alcun nutrimento materiale; è fame di profitto, potere e prestigio, come diceva Don Tonino Bello. Solo essere in relazione continua con la Parola può annullare questa fame: è scritto, è scritto, è scritto, ripetuto tre volte, una per ogni tentazione: è una Parola che è il contenuto di un libro scritto, l’anima di Israele, il suo codice morale, la sapienza di Dio scesa sulla terra, che qui riempie i silenzi del deserto e si oppone al male.
Le tre risposte di Gesù alle insinuazioni di Satana colpiscono nel segno.
“Se tu sei il figlio di Dio…”: non è affatto un tema messianico, non implica che Gesù abbia l’intenzione di esercitare il Suo potere soprannaturale in quel senso. È il diavolo che vorrebbe attribuire a Gesù poteri che vanno in un’altra direzione; è il diavolo che vorrebbe fare il miracolo di trasformare il Figlio di Dio in un comune peccatore.
Le risposte di Gesù sono per noi un richiamo all’obbedienza richiesta ad ogni uomo.
Il Figlio prediletto trae la sua forza da ciò che il Dio delle Scritture chiede ad ogni essere umano.
La prima tentazione, quella di trasformare le pietre in pane, è respinta con una citazione dal Deuteronomio, che evoca il viaggio di quarant’anni del popolo d’Israele nel deserto e proprio la manna caduta dal cielo perché il popolo aveva fame:
“L’uomo non vivrà di solo pane, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”.
Il Signore interviene attraverso la sua Parola, che è sempre in grado di aprire la Via per ciascuno, una Parola dal cielo, nel battesimo, quando ancora non “sappiamo” nulla; una Parola dal Libro, nelle prove della nostra vita di tutti i giorni, quando sopraggiungono le tentazioni nel dominio del silenzio di Dio.
Le altre due tentazioni, quella di credere di potersi appoggiare agli angeli per attutire la caduta e quella di voler possedere i regni del mondo, riguardano ogni uomo, e ancora Gesù cita la Parola del Padre per superarle. Non si tratta di sognare una improbabile superiorità, né una gloria perfettamente inutile ai fini di essere in comunione col Cristo, ma di rimanere nell’obbedienza a Dio.
La scelta di Gesù, come Figlio prediletto dal Padre, consiste nel suo rimanere nei limiti di ciò che è richiesto ad ogni uomo. È il Figlio di Dio, certo, ma rimane un uomo, impregnato di cultura biblica, che rifiuta il potere di fare miracoli, se è satana a chiederglielo.
E questa storia non risponde alle domande di tipo intellettuale che ci siamo posti all’inizio: esiste il diavolo? Da dove viene? Dove va? Perché è lì?
Ancora non sappiamo perché esista il male e la malvagità, certo esistono, ma sappiamo che Gesù non scende a compromessi con il rappresentante di tutto questo, non dialoga, non combatte in senso stretto, non polemizza, impone la Parola, ha l’ultima Parola.
Il cristianesimo, seguendo la logica evangelica, non mira a spiegare il mondo, ma a renderlo migliore.
Matteo non spiega nulla sull’esistenza di satana, dice solo che la Parola di Dio, attraverso le Scritture, è il mezzo per metterlo a tacere. E senza forse rendersene conto, estende quella Parola, scrivendo il suo Vangelo e dicendo:
“Qualsiasi cosa vogliate che gli uomini facciano a voi, fatela loro. Questa è la legge e i profeti.”
Le tentazioni iniziano tutte insinuando “se tu sei…”. Il Cristo non insinua nessun “se”: non ci sono condizioni poste dal Cristo, c’è solo un comandamento nuovo: amatevi l’un l’altro come io ho amato voi…
Il perché ce lo spiega san Paolo parlando di “giustificazione”.
Come funziona la giustificazione? Tramite vasi comunicanti. Siamo giustificati per il nostro legame con Cristo, così come siamo peccatori per il nostro legame con Adamo. Il giorno in cui Adamo ha disobbedito a Dio, noi eravamo lì, Adamo siamo noi.
Allo stesso modo, il giorno in cui Gesù ha obbedito a Dio andando verso la croce come un uomo qualunque, noi siamo l’uomo Gesù, come tutti quelli che, da innocenti, patiscono le sofferenze e l’ingiustizia. Ma questa volta è successo qualcos’altro.
Adamo non aveva ascoltato quel che diceva il suo Creatore e l’intera umanità è stata trascinata nell’errore, e continua ad esservi immersa.
Gesù può ripetere la Parola del Padre, perché l’ha ascoltata: è uno col Padre. Questo ripristina la giustizia per tutti. Poiché Gesù è giusto, noi siamo giusti in Lui, siamo uno con Lui.
Se si comprende questo, si comprende la giustificazione attraverso la fede.
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Scarica qui il commento al Vangelo scritto il 28 febbraio 2020.