Fraternità

Vide due fratelli

22 gennaio 2023 – III Domenica del Tempo Ordinario
Matteo 4,12-23; 1 Corinzi 1,10-13.17

Il Vangelo di oggi parla di luce nelle tenebre: “Il popolo che era nelle tenebre vide una grande luce”. Stiamo parlando di Gesù, naturalmente, e dell’esperienza dei primi cristiani a contatto con lui, questo Gesù che ha detto: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è qui”, che io preferisco ora parafrasare così: “Riorientate la vostra vita, perché il regno di Dio ha cominciato a raggiungervi”. Che cos’è questo regno di Dio di cui parla Gesù e che noi facciamo così fatica a vedere, soprattutto in certi giorni? Come ha iniziato a raggiungerci?
La nostra grande difficoltà a vedere questo regno di Dio deriva forse da una formidabile illusione, quella di aspettarci che questo mondo in cui viviamo possa assomigliare ad una grande cristianità universale, popolata da persone buone e praticanti, attaccate alla loro chiesa. La stessa illusione spiega l’esistenza, al tempo di Gesù, della comunità di Qumran, che si definiva la comunità dei “Perfetti”. Guarda caso vivevano in disparte tra “puri”. E oggi vediamo un desiderio simile apparire qua e là attraverso vari gruppi religiosi o comunitari che vogliono raccogliere solo i “buoni”.
Osserviamo bene Gesù. Quando viene a sapere dell’arresto di Giovanni Battista e deve lasciare il pericoloso fiume Giordano, inizia a parlare ad alta voce del regno di Dio. E dove ne parla? Nel mondo: in Galilea, chiamata Galilea delle Nazioni, perché è un luogo dove si incrociano le rotte internazionali, dove ebrei e gentili si mescolano, dove incontra persone indebolite e malate, dopo aver lasciato la zona confortevole del proprio ambiente familiare. È come se solo sperimentando momenti difficili, sfide formidabili e tensioni dolorose, gli umani riescano a discernere la luce nel buio.
“Il regno di Dio ha cominciato a raggiungervi”, dice Gesù e la teologia tradizionale aggiunge una “marca temporale”: parla di un “già” legato ad un “non ancora”. Perché questa distinzione? Perché il regno di Dio inizia per noi appena lo scorgiamo e corrisponde al gesto di Gesù di cercare Simon Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni: per due volte, due fratelli, quasi a risanare l’antica rottura, che riguardava proprio la fratellanza. Fin dal Genesi, i fratelli portano nel loro DNA l’inimicizia: Caino e Abele, Sem, Cam e Jafet, Ismaele e Isacco, Esaù e Giacobbe, Lia e Rachele, Giuseppe e i suoi fratelli.
Gesù inizia a fare discepoli scegliendo due coppie di fratelli. Si chiarisce così anche perché – luce del regno che iniziamo a scorgere – più tardi chiederà: “Chi sono i miei fratelli?”
E a me stesso chiedo: “E chi sono i miei?”
Le domande poste da Paolo ai Corinzi in forma retorica tendono a far emergere il comune travisamento della prospettiva sulla fraternità. I Corinzi sono esortati a superare le divisioni che contaminano la chiesa, danneggiano l’unità della comunità e minano l’annuncio del Vangelo; si tratta soprattutto di divisioni causate da dispute intellettuali che finiscono con il mettere in competizione i servi di Dio, generando discordia. Il nucleo della fraternità, dell’unità in senso cristiano, non risiede affatto nel decidere chi ha “più ragione” o chi è “più bravo”, ma nel rispettare la diversità dell’altro, ritrovando il pieno significato della comune origine nella scelta di seguire il vangelo.

Anche oggi abbiamo difficoltà a vivere l’unità nella Chiesa, perché ciascuno rivendica l’appartenenza ad una corrente: progressisti, tradizionalisti, con questo o quel papa, con questo e quel movimento.

Tra l’altro siamo anche nell’Ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani… ma che coincidenza…!

Scarica qui il commento scritto il 26 gennaio 2020

NB: per info sull’immagine di copertina clicca qui

Pubblicato da Oliviero Verzeletti

Missionario Saveriano. Nato a Torbole Casaglia (BS). Cittadino del mondo, attualmente residente in Italia, a Roma dopo diversi anni trascorsi in Camerun.

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