Perseveranza e speranza

Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?

16 ottobre 2022 – XXIX Domenica del Tempo Ordinario
Luca 18,1-8

La vedova, nella Bibbia, è il modello per eccellenza della persona debole, ordinariamente privata dei propri diritti, sostanzialmente senza alcuna tutela: la sua parola non ha peso, non c’è chi la difenda. Anche la figura del povero nella Bibbia è legata alla condizione sociale di chi non riesce a far valere i propri diritti di fronte a chi avrebbe il compito di esercitare la giustizia. Alla radice, non soltanto economica, della questione c’è l’ingiustizia derivante dall’operato di chi, pur avendo il potere legale di sanarla, si permette di perpetrarla, proprio ignorando i bisogni dei più deboli.
Il giudice iniquo del vangelo è una persona di tal fatta: “non ha riguardo per nessuno”.
Il Dio cristiano, al contrario, è giusto; dunque, se la perseveranza nella richiesta ostinata di una vedova riesce ad avere la meglio sull’indifferenza egoistica di un giudice sprezzante, quanto più la nostra preghiera può essere piena di speranza, essendo rivolta al Padre misericordioso che già conosce la nostra condizione e i nostri bisogni.
Gesù istruisce i discepoli, però, anche circa la tentazione di dire lunghe preghiere, e, allo stesso tempo, non farsi scrupoli nel divorare i piccoli averi delle vedove (20,47). Se, pur temendo Dio, pensiamo di cavarcela pregando a tutte le ore, mentre quotidianamente ci rendiamo complici di ogni tipo di omissioni verso i più deboli… meglio rivedere il nostro programma esistenziale…
La parabola di oggi indica nella costanza della preghiera, quella qualità della fede di chi non smette mai di pregare e mai si scoraggia, anche quando il Padre sembra ignorare la sua richiesta.
Pregare costantemente significa chiedere giustizia con insistenza e fiducia senza moltiplicare inutilmente le parole.

Detto questo, come mai il Signore può farci attendere, prima di fare giustizia?
Poco prima, interrogato dai farisei sul “quando” sarebbe venuto il Regno di Dio, Gesù aveva risposto: “Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o: eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi!” (17,20-21).
Questa risposta illumina di una luce nuova anche la storia della vedova e del giudice e me ne convinco di più quando mi ricordo che è scritto anche: “Verrà un tempo in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo, ma non lo vedrete” (17,22).
E’ vero: ho sperimentato circostanze, tempi, eventi in cui ho sentito l’ardente bisogno di vedere questo Regno di Dio, manifesto, ma non l’ho visto. So che esiste una sorprendente connessione tra l’angoscia-tribolazione e la speranza. 
La vedova insiste, è perseverante, pur nell’angoscia, perché si basa sulla fede in un Dio giusto, e sulla forza della speranza che le viene dal proprio netto rifiuto dell’ingiustizia. Non si scoraggia, perché sa che i suoi diritti sono stati cancellati ingiustamente.
Anche Giobbe si aggrappa alla giustizia che si aspetta da Dio, perché c’è nella fede di Giobbe un profondo e autentico rifiuto dell’ingiustizia.
Gesù conclude così: “Quando il Figlio dell’uomo verrà, troverà la fede sulla terra?”

Ora, mi chiedo, quale speranza c’è in me alla quale non rinuncerò mai?
C’è una simile speranza?
Penso ad Abramo, che osa alzarsi davanti a Dio e chiedere giustizia per Sodoma: “Lungi da te il far morire il giusto con l’empio, così che il giusto sia trattato come l’empio; lungi da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?” (Gn 18,25).  Abramo contratta, insiste di fronte a Dio, non rinunciando a ciò che sa essere giusto.
Luca ha ragione, questa è perseveranza nella preghiera, Non quella, pur importante che scandisce le ore del giorno, ma l’ardente preghiera della fede, quella rozza e tenace, che nulla tace, perché si aggrappa al Dio giusto, sua unica speranza.
Dio fa anche aspettare il suo popolo.
Sono rimasto incuriosito dalla traduzione del versetto 7 seguita dalla TOB: “Dio rende giustizia ai suoi eletti che lo gridano giorno e notte e – tuttavia – li fa aspettare!” Una traduzione che fa eco all’esperienza cristiana di una lunga perseveranza che spesso è necessario vivere.
So che la Chiesa ha realmente un’unica potenza: la sua resistenza alle dimissioni, la forza della perseveranza nella speranza; nient’altro che la stupefacente potenza di non cessare di esigere giustizia, perché Dio è giusto e quindi il futuro del mondo non può che essere giustizia. Questa speranza si aggrappa a chi ha già vinto la morte.
È dunque la vocazione del popolo di Cristo, ad essere descritta nelle vesti di questa vedova.
Mi vengono in mente le parole di Paolo: “abbiamo un tesoro in vasi di creta” (2 Cor 4,7).
Di fronte ai poteri del mondo, affrontare i nodi degli interessi industriali, economici, militari, politici, ideologici; di fronte a tutta la corruzione, grande e piccola, quella laggiù e quella qui vicino; di fronte al disprezzo, di fronte alla cattiva volontà, insieme, perseveriamo, resistiamo e non smettiamo di chiedere giustizia per il mondo. Solo così, quando il Figlio dell’uomo verrà, in questa vedova troverà la fede.
“Abbiamo pregato tanto – mi hanno detto recentemente – e non è successo niente!”
Qualcuno dice che Il Signore ci vuol mettere alla prova; questa spiegazione a tutta prima, in genere, non piace molto. Io non credo che Dio abbia bisogno di una prova per sapere fino a che punto arriva la nostra fede. Se pensassimo così, avremmo un’immagine di Dio, tinta di un certo sadismo. Siamo noi ad aver bisogno della prova!
L’opera di Gesù è “rendere visibile il male”, come scrive Maurice Bellet, “risvegliare la morte per risvegliare la vita”; allora possiamo capire le parole di Paolo: “Noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata  e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.” (Rm 5,3-5).
Ed è vero che la morte sembra governare il mondo, eppure la costanza nella preghiera e la speranza sono il risultato di una fede autentica e della scelta di tenere le parti della giustizia attraverso la misericordia.
“Perché ritardare?” – chiedono diversi salmi – Perché non subito?
Credo sia necessario un salto del pensiero: riconoscere che Egli interviene “ora”, che il Suo intervento è contemporaneo alla mia preghiera e anche che la mia preghiera è essa stessa prova di quell’intervento, perché non posso pregare veramente senza che lo Spirito sia presente; è tutto il giorno che Israele deve perseverare e credere nella vittoria contro gli Amalechiti e contro la morte, e tenere sollevate le braccia di Mosè (Es 17,8-13). In ogni momento ci troviamo sulla linea di demarcazione tra la vita e la morte e la rivelazione data in Cristo mostra che anche questa soglia è superata:
Abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi. Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo.” (2 Cor 4,7-12).

Nella nostra miopia vediamo solo la faccia di morte della Pasqua che stiamo vivendo; la fede ci fa scoprire il volto della vita e produce il ringraziamento.
Preghiamo sempre, perché è sempre l’ora in cui Dio, con le nostre ingiustizie, fa la nostra giustizia ed è sempre l’ora in cui viene il Figlio dell’uomo.

NB: per info sull’immagine di copertina, clicca qui.

Pubblicato da Oliviero Verzeletti

Missionario Saveriano. Nato a Torbole Casaglia (BS). Cittadino del mondo, attualmente residente in Italia, a Roma dopo diversi anni trascorsi in Camerun.

Una opinione su "Perseveranza e speranza"

  1. Estoy convencida, que nuestra fe, tiene que vivir experiencias como la de la viuda, la de Job, Moises, etc para que sea profunda y llena de esperanza. Los cristianos nos tenemos que convencer, que la fe es el motor de la justicia en la vida…

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