Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe
2 ottobre 2022 – XXVII Domenica del Tempo Ordinario
Luca 17,5-10
Dovevo parlare di fede a dei bambini. Mi chiedevo come fare per rendere il discorso “semplice” e rimuginavo questa parola: “Se aveste fede grande quanto un granello di senape…”.
Arrivato nel gruppo, ho chiesto: “Sarebbe stato lo stesso se Gesù avesse parlato di fede paragonandola ad un granello di sabbia piuttosto che ad un granello di senape?”
Una ragazzina: “Ma noooo!” – “Come mai?” – “Perché la sabbia non cresce!”
Già…
Se avessi tanta fede, quanta è la forza che abita un minuscolo seme – la stessa forza che mi abita e abita il mondo – vedrei lo spostamento di montagne e lo sradicamento di alberi. A pensarci bene, pochi centimetri di terra su un minuscolo granello di semente rappresentano per il seme una grande montagna da spostare: grazie all’ondata di potere nascosta in lui, il granello sposta le montagne e cresce. Penso, per esempio, alla stessa forza che fa crescere la sassifraga, aprendo l’asfalto e rompendo le rocce.
L’apostolo Paolo chiarisce inoltre che la fede, quella che trasporta le montagne, senza la carità, ci renderebbe nulli: “….se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla” (1Cor 13,2).
In altri termini sarebbe inutile – e forse impossibile – possedere tutti i doni spirituali senza la carità, germe divino sepolto nella nostra carne, che, sollevandosi, può spostare le montagne, sradicando i nostri personali impedimenti ad amare. Può essere felice oggi chi sente o vede, nonostante il diluvio di cattive notizie, l’onda anomala dell’amore e i suoi miracoli quotidiani.
Tuttavia, cristianamente parlando, il servo fedele che sposta le sue montagne, non si aspetta che il suo signore si senta in obbligo verso di lui. Quel che fa è un incarico affidatogli, relativo a ciò che non è di proprietà del servo e quindi non è legato alla sua iniziativa personale: «Non è infatti per me un vanto predicare il vangelo; […] se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato.» (1 Cor 9,16-18). La gratuità nella trasmissione e nell’annuncio della Parola diventa in San Paolo una conditio sine qua non, perché lui sente l’incarico di annunciare il Vangelo come una assoluta necessità.
E ogni cristiano è potenzialmente chiamato a farlo; la vita cristiana non è realizzazione personale, ma permanenza nella corrente di vita che ha la sua sorgente nel Signore, la nostra ricompensa è ciò che quella corrente produce in noi.
Veniamo alla richiesta di oggi: “Aumenta la nostra fede!”
Il ruolo della fede ha qualcosa di eccessivo: potrebbe sradicare un gelso e ripiantarlo nel mare, la fede ha il potere di infrangere l’ordine delle cose e di radicarsi dove sembra impossibile.
Purtroppo il testo liturgico non fornisce il contesto della richiesta. In precedenza Gesù aveva detto: “E se sette volte al giorno pecca contro di te e sette volte torna da te dicendo: ‘Mi pento’, tu lo perdonerai”. Significa avere…un cuore grande come una capanna… poi anche la speranza che noi stessi e gli altri possiamo cambiare in meglio perché la vita è molto più grande di ciò che vediamo.
In effetti c’è da chiedere a gran voce: “Signore, aumenta la nostra fede!”
Allora proviamo a trasferiamo la richiesta dei discepoli nel nostro contesto: conflitti insolubili tra Israeliani e Palestinesi, tra Russi e Ucraini – tra e tra… – nei quali, ovviamente, tutti hanno motivazioni, ma contrastanti; sono conflitti incessanti che affamano paesi e mantengono intere popolazioni senza casa; conflitti che ghettizzano e rivelano il peggio nell’uomo; sciacalli e avvoltoi che speculano, traendo profitto dalla sventura altrui; in tutte queste situazioni, s’innestano i drammi e i conflitti personali.
Cosa significa esattamente: “Se sette volte al giorno tuo fratello pecca contro di te e ti dice: ‘Mi pento’, tu lo perdoni?”
Sì, accresci la mia fede, Signore, perché se imparo a perdonare, il mio collegamento con la vita, che si era interrotto, può riprendere.
In poche parole?
Senza fede non c’è futuro per la nostra umanità.
Solo la fede mi permette di non essere paralizzato da ciò che vedo.
Solo la fede mi permette di superare le mie paure.
Personalmente ho raggiunto l’età in cui le persone fanno la domanda:
“Di cosa vivrò quando non potrò più lavorare?”
Senza fede, si può voler cercare la sicurezza tra quattro mura, barricandosi nel proprio piccolo ambiente fisico e/o mentale, a dispetto di ogni solidarietà umana.
Alcuni identificano la fede con la persistenza nel credere che andrà tutto bene, nonostante le palesi contraddizioni e negazioni della vita. Ritengo che sia proprio il contrario. Non è che tutto andrà bene, è che la fede trasforma me e mi permette di vedere gli eventi come una parola diversa creata apposta per mettermi su una strada diversa.
La fede porta a considerare il domani come un’alba, non come un tramonto.
Quando il Cristo parla della fede e del ruolo che essa svolge, parla in base alla propria esperienza.
È questa fede che gli ha permesso di rimettere in piedi gli esseri umani. È stata questa fede che gli ha permesso di affrontare la morte come ha fatto. In definitiva, la risurrezione è il risultato della fede.
Ecco perché è così fondamentale in ogni giorno della vita.