Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi
26 giugno 2022 – XIII Domenica del Tempo Ordinario
Luca 9,51-62
Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli il loro nido e il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo… “Seguimi!” – “Permettimi prima…”; storie di persone, storia nostra, storia di tre aspiranti: Gesù va di villaggio in villaggio e alcuni stanno pensando di seguirlo. Il primo dice: “Ti seguirò ovunque tu vada!”. Entusiasmo da fuoco e fiamme, ma la risposta di Gesù è sbalorditiva: non ho una casa, dormo sotto le stelle, in un granaio, a volte in una casa se sono invitato. Sono un nomade. Gli animali hanno un nido, una tana, un rifugio. Io non ho niente per me. Se vuoi venire, aspettati una vita senza protezione materiale. Sei pronto? Lui è pronto a tutto… è un innamorato!
Perché Gesù parla così? Tutti hanno bisogno di un tetto, di cibo, di vestiti.
La questione sembra basata sull’annuncio credibile della venuta del Regno di Dio: come si può fare una cosa simile se non perché presi dalla passione?
Ma, se il futuro riservasse ogni sorta d’incertezza?
Niente comodità, né in cielo, né in terra. No tane, no nidi. Sembra uno slogan assai demotivante…
Il secondo aspirante, neanche si candida. Resta da capire come mai Gesù gli chieda di seguirlo piuttosto perentoriamente. Quel tale neanche dice di no, solo … posticipa. E con una buona ragione, secondo tutte le apparenze!
Ma non va bene: la risposta di Gesù è tremenda, affilata:
“Lascia che i morti seppelliscano i loro morti”.
Se hai la morte dentro, non puoi seguire la vita; diventa impossibile esserci passo dopo passo durante il cammino. Normalmente scavi la fossa agli altri…
So che sono parole dure…ma è così…qui l’aspirante discepolo viene immediatamente messo di fronte alla propria realtà: se non lasci ciò che di morto hai dentro, resterai fermo dove sei e non potrai seguire alcuno che sia vivo.
L’annuncio della resurrezione è infatti che il Cristo è vivo: “Perché cercare tra i morti colui che è vivo?” (Lc 24,5).
Si può vivere il lutto rinchiusi nella memoria, nella nostalgia, nel rimpianto e nel compianto.
Si può invece riconoscere il ricevuto e renderlo alimento, forza e coraggio per la vita che viene.
Ci sono vivi che respirano morte e morti che ispirano i vivi. Allora la scelta è tra la morte e la vita.
Si capisce la necessità di liberarsi dagli stracci della morte, dai riti obbligati, se vuoti; dalla religione del dovere, se non è dell’amore; dalle pratiche ancestrali, se suonano estranee.
Il Cristo annuncia la libertà, e la vita. Scegli – dice – se vuoi la vita, seguimi: “Tu”!
La Parola chiave è “Tu”: “Tu va, e annuncia il Regno di Dio”.
“Tu”. perché riguarda me, te, presi singolarmente e non altri, vivi o morti, cui attaccarsi.
Al terzo aspirante non va molto meglio: “Ti seguirò Signore!”
Senza neanche essere stato interpellato, si offre: “Ma prima, permettimi di congedarmi dalla mia famiglia”.
Forse, chissà, avendo intuito la questione del lasciar seppellire i morti ai morti, pensa che però almeno bisogna salutare i propri cari, mentre sono vivi.
Ma Gesù dice: “Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio”. Non che non vada bene salutare la famiglia, per carità! Ma era stato detto fin dall’inizio:
“E l’uomo lascerà suo padre e sua madre…” (Gn 2,24).
Se abbiamo preso la decisione di seguire, abbiamo già salutato…
Fare un passo indietro, mentre si vuole andare avanti, dice di un’intenzione che non c’è, di una decisione poco realistica, in cui i “ma” e i “però” spingono ad arretrare; hanno la funzione di distogliere l’attenzione dalla realtà del mondo, delle cose e da noi stessi.
Che dire?
Non si ha diritto di vegliare e seppellire i nostri morti? Si debbono abbandonare coniugi, figli, amici, famiglia? Dobbiamo dissimulare perfino l’entusiasmo dell’innamoramento?
Non penso proprio.
Piuttosto, attraverso immagini e repliche provocatorie, il Cristo dà piste e apre cammini.
Al momento di “seguirlo” sul serio, tutto il da farsi prende un altro aspetto.
Immagino si scopra di poter camminare sulle proprie gambe, insieme ad altri, passo dopo passo, ritrovandosi già fuori dal nido e dalla tana, di non aver bisogno di appellarsi ad una morale superiore, di essere in relazione con una famiglia assai più vasta di quella naturale; di non avere nemmeno il desiderio che fuoco e fiamme dal cielo inceneriscano i “peccatori”.
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