E i discepoli gioirono al vedere il Signore
Domenica 5 giugno 2022 – Pentecoste
Gv 20,19-23
“Fu dopo la morte di Gesù; la sera, del primo giorno della settimana, quando le porte del luogo dove erano i discepoli erano chiuse per paura dei Giudei”.
I discepoli stanno vivendo momenti terribili: Gesù è stato crocifisso, è morto malamente e da innocente, era il loro Maestro e loro amico fraterno, per di più sanno che anche loro potrebbero fare la stessa fine. Sono spaventati. Temono che chi ha messo a morte Gesù faccia lo stesso con loro. Quindi si sono chiusi dentro. Hanno sprangato le porte. Per proteggersi. Ma la paura non è rimasta fuori, è dentro e tra di loro.
Ed ecco che arriva Gesù, lì in mezzo a loro, e dice: “La pace sia con voi!” Non c’è dubbio, è Lui: mostra le mani e il costato. Gesù ha già attraversato la fine che anche i discepoli temono. Eppure, è lì, vivo e dice “pace a voi”. Il cambiamento di atmosfera è repentino: i discepoli gioiscono, la paura svanisce, non esiste più, gioiscono e basta. Come è possibile tutto questo?
È molto difficile vivere nel terrore – e molti lo sanno e lo sperimentano proprio ora, pensiamo alle popolazioni in guerra. Chi porterà loro la pace? La carne senza fiato non sa più dove trovare la vita – esattamente come Gesù nel Getsemani che suda sangue mentre i carnefici si avvicinano (Lc 22,44). Non c’è più spazio per vivere in pace, non c’è più riposo. Il trauma è lì, ovunque tu vada, anche se è stato tanto tempo fa, anche se hai fatto la tua vita altrove, anche se è ora e pensi di essere sfuggito perchè non succede a casa tua.
Viene detto che per stare meglio, “bisogna perdonare”.
Perdonare? In greco aphiemi, è “lasciare andare”, è rompere con il fascino del nemico, smettere di tenerlo per il bavero, credendo che abbia il potere di vietarti di esistere dove sei, così come sei.
La difficoltà, con l’approccio esclusivamente psicologico del calvario, sta nel chiudersi dentro con il cattivo, senza vedere altra via d’uscita se non la fatica richiesta.
Ma come fare? Dovremmo poi veramente perdonare?
“Egli mostrò loro le mani e il costato. I discepoli furono pieni di gioia”. Il vangelo è unico in quanto volge lo sguardo dal persecutore al Padre per mezzo del quale il respiro torna alla carne, qualunque sia la sorte di questa carne. Non si dice che le ferite del crocifisso siano guarite, né che il suo cuore trafitto sia rimarginato. Eppure, il Cristo vive e la paura è sparita. Come è avvenuto questo capovolgimento? Già nel Getsemani, molto prima del supplizio, quando si era rivolto al Padre aveva detto: “Non la mia volontà, ma la tua”. Lc 22, 42. Smette di reagire, lascia il campo a Chi sa preservare l’integrità di coloro che Gli si affidano, qualunque sia l’orrore della prova da affrontare.
Alla prova è difficile sfuggire. Ma la differenza tra chi è di Cristo e chi cammina da solo, ripiegato su se stesso e sulle proprie forze, sta nel fatto che chi è in Cristo le attraversa rivolto verso un altro, in attesa certa della pace da una misteriosa fonte che alberga in ciascuno di noi. Il punto è che non sappiamo neanche chiamarla, neanche nominarla.
“Gesù disse loro di nuovo: ‘La pace sia con voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi.’” La gioia che provano improvvisamente quando vedono Gesù vivo non è solo per loro che guariscono dall’angoscia; la gioia (e la pace) è la sostanza stessa della missione per la quale sono “inviati” nel mondo.
“Detto questo, soffiò su di loro e disse: ‘Ricevete lo Spirito Santo’” – letteralmente: “Ricevete il respiro”. E aggiunge: “a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi”. Il legame qui è evidente tra il “ricevere il Respiro” e il “rimettere” o “non rimettere i peccati”.
I peccati. Hamatia, la colpa, il danno subito. È ai “discepoli” di Gesù, coloro che lo seguono e ricevono il suo Soffio, che qui viene dato il potere di “rimettere” o “non rimettere”.
Essendo il Respiro promesso a tutti, è a tutti, nello stesso movimento, che viene offerta questa capacità, questo “potere” di legare o sciogliere, di tenere per il bavero il malvagio, di reagire o di lasciar andare, potere che procede, nel nostro testo, immediatamente dalla ricezione dello Spirito.
La prova stessa diventa, per chi subisce il danno, il luogo, per eccellenza, dove riceverà quel Soffio. Questa è anche la testimonianza dei martiri, che destabilizza, che inquieta, che spaventa, che rimanda al terrore della nostra supposta afasica impotenza.
Tale è la meraviglia attesa di questa festa di Pentecoste. Anche oggi.
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