Domande strane

Di chi sarà moglie?

6 novembre 2022 – XXXII Domenica del Tempo Ordinario
Luca 20, 27-38

Di chi sarò marito?
Questa è la domanda dei sadducei, e forse anche la nostra.
I sadducei sono meno conosciuti dei farisei. Il loro nome si riferisce ai figli di Saddoq, una stirpe di sacerdoti fedeli menzionati nel libro di Ezechiele. I Vangeli ne parlano relativamente poco, in quanto, al momento della loro stesura, i sadducei non fanno più parte del panorama religioso perché il tempio di Gerusalemme dove officiavano è stato distrutto, ma bisogna tenere presente che al tempo di Gesù essi costituivano una corrente del giudaismo a pieno titolo, allo stesso modo dei farisei e non ammettevano alcuni elementi della fede che si erano via via sviluppati nell’ebraismo, in quanto non apparivano nella Torah. In particolare, avversavano la risurrezione dei morti e l’esistenza degli angeli (cfr At 23,8).
La loro questione è dunque un caso particolare di una casistica più generale, presentata dagli evangelisti probabilmente anche per illustrare con chiarezza la decisa ostilità delle autorità del popolo che Gesù dovette affrontare durante la vita pubblica. Gli erano contrarie tutte le autorità religiose: sommi sacerdoti, scribi e anziani, soprattutto perché a quei tempi e in quei luoghi l’autorità anche governativa non poteva essere esercitata se non in nome di Dio; per gli Israeliti era attribuita direttamente da Dio.
La questione posta a Gesù è ovviamente un gioco mentale e l’esempio è così esagerato da non avere alcuna relazione con la realtà. Eppure, per qualche verso, la domanda dei Sadducei può mettere a disagio anche noi oggi. Come far fronte a questa logica tanto implacabile, quanto solo apparentemente razionale?Sembrano domande infantili, ma le incontro concretamente tutti i giorni.
Come sarà lassù? Sarà così grande da starci tutti? Il Cielo, o il lassù, in cosa consiste? Quanti anni avrò da risorto? Ci riconosceremo?
Che sette fratelli abbiano avuto la stessa moglie è un po’ esagerato, ma esistono oggi molte persone che hanno avuto o hanno più di un coniuge nella loro vita. Dunque, con chi risulteranno sposati per l’eternità? Con quale moglie o marito staranno? Con la prima, l’ultima o con l’amante? Chissà quante sorprese … Colpi di scena? Esiti inattesi?
La risposta di Gesù invita ovviamente a desistere da simili fantasie, a non lasciarsi irretire da tali ragionamenti, logici solo in apparenza, in realtà fuorvianti – e probabilmente utilizzati solo per evitare l’unica domanda fondamentale, che intanto si dovrebbe porre a se stessi: “Io, ci credo o no nella risurrezione?”.

Cosa si debba credere e poi ciò che debbano credere gli altri non può diventare un problema di logica tra me e te, sarebbe come se Cappuccetto Rosso e il cacciatore si mettessero a discutere del futuro della nonna… o come sarebbero andate le cose col “metaverso” … o quale soluzione illuminante avrebbe potuto offrire l’algoritmo…

Sull’aldilà, come su tante cose, Dio non ci ha ancora detto tutto… per fortuna. Grazie a Dio! Dobbiamo accettare che, quando si parla di risurrezione e di vita eterna, e quindi in definitiva di Dio e di vita, si fa un salto di qualità tale, che la nostra mente è assolutamente incapace di formarsi un’immagine e ancor meno di darsi una spiegazione di queste realtà. Come creature viviamo nel tempo e quindi pensiamo per categorie inevitabilmente da inserirsi nello scorrere di una dimensione temporale come tutti la conosciamo, fatta di prima e dopo, nascita e morte, giovinezza e vecchiaia, luce e ombra, freddo e caldo. La trasformazione di queste condizioni a priori del nostro sperimentare è costante ed inseparabile dall’esistenza. Io credo che il nostro “reale” sia solo il riflesso di un reale, che appartiene alla sfera del Dio vivente in eterno.

Eppure, noi esseri umani abbiamo accesso a questa Realtà, perché l’unica “cosa” che abbiamo sempre a portata di mano e di cuore, come dice Gesù, è il rapporto con questo Dio. Abramo, Isacco e Giacobbe, entrati nell’Alleanza che Dio ha stabilito con loro, non possono scomparire, perché il loro Dio è lo stesso Dio di tutti e il Suo rapporto, il Suo legame d’amore con loro non muore, così come non morirà per tutti coloro che erano, sono e saranno chiamati ad entrare nella stessa Alleanza.
Questo vale per tutti, oggi, concretamente e realmente: entrati nel tempo della risurrezione, siamo Figli di un Dio risorto, vivi della stessa vita di Dio. Questa relazione con il Dio vivente relativizza ogni altro rapporto instaurato nel tempo finora trascorso, anzi lo integra, lo riordina e lo realizza.
In Cielo, cioè in questa condizione di risurrezione nella quale possiamo entrare ogni giorno e dove saremo per sempre alla fine dei nostri giorni, ritroveremo “eternizzato” tutto l’amore che saremo stati capaci di dare, ma soprattutto, tutto l’amore che il Cristo ha riversato sul mondo, incarnandosi e accettando di condividere la sorte di ogni donna e di ogni uomo perché noi potessimo conoscerlo, tramandare la memoria di quegli eventi ed essere partecipi del suo piano di salvezza.
Il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, di Gesù è lo stesso dei miei genitori e dei miei antenati, di tutte le persone a cui la vita mi ha legato.
Credere per mezzo di Gesù Cristo Risorto nella nostra risurrezione vuol dire per me leggere la storia delle generazioni alla luce del soffio creativo che genera e agisce in esse e attraverso di esse; vuol dire affermare di trarre la nostra origine da Dio, di ricevere da Lui la nostra identità di figli e figlie, pur essendo figli in questo mondo. Il Dio di Gesù è il Dio dei vivi, perché se da Lui ereditiamo il respiro, come sarebbe possibile non vivere per sempre di questo respiro?
Se, per pura grazia, aderiamo a questo, sappiamo che alcune relazioni sono peculiari del mondo, così come tutte quelle che trasmettono il respiro da una generazione all’altra.
Nella mia, nella nostra speranza, il rapporto di tutti i rapporti è quello della filiazione divina che dura per sempre ed è questo stesso soffio creativo che misteriosamente ci unisce sulla terra e ci fa desiderare ardentemente, quotidianamente, l’avvento di una civiltà aperta all’incorruttibile.
Gesù ha promesso la sua presenza fino al compimento della storia, ma rimane un testimone impotente in mezzo a noi, perché la Sua come la nostra risurrezione, così come la vita, non è oggetto di dimostrazione, ma di speranza e poi di esperienza.
“Ama e vivrai”. Chi potrebbe separare chi ama dall’Amore, anche se non riuscisse a farsi una ragione della risurrezione?
Quindi, proviamo costantemente ad amare fino alla fine come Gesù ha amato e “il tempo ce lo dirà”.

Dire a qualcuno “ti amo!” è come dirgli “non morirai!”.
La mia speranza è che ciascuno possa riuscire ad ascoltare il Signore che sussurra il suo “ti amo!”
Sia benedetto questo Dio, per essere la fonte di tutta la vita che ho finora incontrato e vissuto.
Posso solo chiedergli di non stancarsi mai di insegnarmi a vivere oggi alla Sua presenza, in comunione con tutti i Suoi figli.

NB: per info sull’immagine di copertina, clicca qui.

Pubblicato da Oliviero Verzeletti

Missionario Saveriano. Nato a Torbole Casaglia (BS). Cittadino del mondo, attualmente residente in Italia, a Roma dopo diversi anni trascorsi in Camerun.

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