Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose
17 luglio 2022 – XIV Domenica del Tempo Ordinario
Lc 10,38-42
Che cosa è importante?
La storia di Marta e Maria è nota. Secondo me, è anche spesso fraintesa. Il più delle volte troveremo l’affermazione della superiorità della contemplazione sull’azione: quello che fa Maria ascoltando la parola del Signore è molto più importante di quello che fa Marta in cucina. Da lì partirà il panegirico sui gruppi dedicati alla preghiera, a scapito di quelli che si occupano di azione sociale, o anche di ciò che fa il clero a scapito dell’azione laicale.
Negli Atti degli Apostoli, che la tradizione vuole compilato dallo stesso Luca, ad un certo punto i gentili della comunità cristiana – i non ebrei – si sentono penalizzati perché le loro vedove sono trascurate nell’assistenza quotidiana. Gli apostoli sono sopraffatti dagli impegni, non ritengono corretto abbandonare la parola di Dio per il servizio della mensa; decidono quindi di delegare la funzione di quel servizio a sette persone (cfr At 6,1-7). Attraverso questa delega, gli apostoli vogliono poter continuare a garantire la preghiera e il servizio della parola.
Così si risolveva la tensione tra servire le mense e servire la parola di Dio.
Riguardo alla storia di Marta e Maria, mi sembra ci sia una prima osservazione necessaria: il ruolo che Maria svolge, e che Gesù intende sostenere, è quello svolto dagli apostoli. Da qui potrebbero partire innumerevoli altre riflessioni, alle quali però mi dedicherò in altro luogo.
Al momento ricordo soltanto che il vangelo di Luca è segnato dal ruolo privilegiato della donna, cominciando da Maria, la madre di Gesù. Nell’attuale dibattito sul ruolo delle donne nella Chiesa, Luca avrebbe molto da insegnarci.
Nel Vangelo di oggi appare la tensione tra il ruolo di Marta e quello di Maria.
Marta sembra muovere un rimprovero a Gesù stesso, e questo non solo riflette una situazione della Chiesa primitiva, in particolare a Corinto, ma è anche il nucleo della questione posta all’inizio: che cosa è importante?
Marta si occupa delle imprescindibili necessità quotidiane. Deve portarle a termine e le sembra incomprensibile che la sorella non l’aiuti e che per giunta Gesù l’appoggi.
Spesso, non senza una certa ulteriore preoccupazione, mi vedo sommerso dagli impegni alla maniera di Marta, mi vado preoccupando e agitando per molte cose.
D’altronde vedo una folla di persone che si smarrisce in mille e una attività e, a guardare bene, ci sono anche molti, laici come sacerdoti, che si esauriscono al servizio di altre persone con zelo e passione, nella speranza che da questo nasca la Chiesa di domani.
Tutti si vive dunque, riempiendo il presente, animati da una forte carica di attesa.
Qual è la posta in gioco?
Come determinare ciò che è importante e ciò che lo è di meno o per nulla, senza smarrirsi o esaurirsi?
Qualcuno descrive la persona efficace come colui che è in grado di identificare chiaramente lo scopo della sua vita, ed è quindi capace di dare costantemente la priorità alle azioni che vanno in quella direzione.
La scena che precede questo racconto è quella del Buon Samaritano, un uomo in viaggio, evidentemente con suoi obiettivi e con un suo programma personale; ad un certo momento gli si pone davanti un “fuori-programma”. Cosa fa? Si ferma e agisce con compassione.
Non è quindi un uomo che si smarrisce, la sua non è una condizione agitata, non si pre-occupa della persona sul ciglio della strada, se ne occupa. Il levita e il sacerdote che lo hanno preceduto erano invece pre-occupati: prima e attorno ad altro.
Non è una questione di tempo, né una questione di altre pre-occupazioni imprescindibili.
La pre-occupazione imprescindibile – e stai sicuro che la trovi sempre – ti rende ancora più irrequieto, insoddisfatto e poco compassionevole. Dannoso a te stesso, oltre che agli altri, perché la carica di attesa rimane… disattesa.
C’è un ascolto immediato forse, quando l’importante da farsi emerge istantaneamente in tutta la propria – questa sì – imprescindibile urgenza. Come nel caso del Buon Samaritano.
Ma c’è anche un ascolto continuo, come condizione di base, ed è Maria che vive questa condizione. In realtà non esiste una contrapposizione tra azione e contemplazione, caso mai ci sono due ruoli scissi, mentre contemplazione e azione da compiere procedono insieme: senza la prima non è possibile la seconda.
Mi vedo sommerso dagli impegni alla maniera di Marta: posso dire “Signore, tu non ti curi che mio fratello mi ha lasciato solo a servire, digli dunque che mi aiuti”?
Veramente anch’io avrei qualche lamentela da rivolgere a Nostro Signore: spesso mi è capitato di pensare tra me e me: “Perché mi hai messo e mi lasci in questo casino?”.
Però, se qualcuno o qualcosa mi impedisse di fare con le mie mani, di inventare, di sistemare, di lavorare, mi sentirei perso. È il lato un po’ esigente … di Marta, mi pare perfino divertente: maschera il tarlo dell’attesa, parla forse troppo, lascia poco spazio per ricevere, per ascoltare: tutto molto umano.
Ci sono parecchie cose da compiere o da svolgere, ma l’importante, la parte migliore è l’ascolto continuo, perché solo così nasce l’azione giusta…
Lunedì scorso, 11 luglio, era la Festa di San Benedetto, patrono d’Europa; mi risuona in testa il suo ora et labora, “prega e lavora”.
I Benedettini furono capaci di gettare semi di ricostruzione in uno dei momenti peggiori per la storia d’Europa, segnato da violenza, immigrazioni di massa, anarchia, degrado urbano, bancarotta, rapina, focolai di conflitto, guerre armate ed economiche. Riuscirono a salvare l’Europa senza armi, con la sola forza della fede e con l’efficacia della loro formula: ora et labora. E lo fecero quando le invasioni erano una cosa seria, non una migrazione di diseredati. Erano ondate violente e spietate: Unni, Vandali, Visigoti, Longobardi, Slavi, Ungari.
I Benedettini salvarono dall’annichilimento la cultura del mondo antico, rimisero in ordine territori in preda all’abbandono, costruendo formidabili bastioni di resistenza.
In fondo in fondo, cos’ha fatto Benedetto in quei secoli squalificati con troppa leggerezza come “bui”? Ha messo al centro l’uomo in comunità: politica intesa come sapiente gestione dei rapporti umani.
È fin troppo chiaro che quando i politici non sanno dare risposte al popolo, offrono nemici, per dirottare la violenza che vorrebbe dirigersi contro di loro.
Benedetto, invece, insegna a trasformare l’hostis in hospes, il nemico in ospite e bonifica il territorio, bonifica le terre paludose…
Prega e lavora per bonificare il territorio.
Prega e lavora per bonificare le relazioni.
Prega e lavora per bonificare la famiglia.
Prega e lavora per bonificare la comunità.
Prega e lavora per bonificare lo stato.
Marta e Maria: due sorelle, due facce della stessa medaglia, due dimensioni della mia vita.
Due dimensioni della vita di tutti.