Si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!»
24 aprile 2022 – Seconda Domenica di Pasqua
Giovanni 20,19-31
Tutti i Vangeli menzionano il dubbio che coglie i discepoli al tempo della risurrezione.
Matteo dice: “Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano”. (Mt 28,16-17).
Marco scrive: “Ma essi, udito che era vivo ed era stato visto da lei, non vollero credere”. (Mc 16,11), e poco più in là: “Alla fine apparve agli undici, mentre stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato”. (Mc 16,14).
Luca racconta: “Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore?” (Lc 24,36-38).
E ancora: “E, tornate dal sepolcro, annunziarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. Erano Maria di Màgdala, Giovanna e Maria di Giacomo. Anche le altre che erano insieme lo raccontarono agli apostoli. Quelle parole parvero loro come un vaneggiamento e non credettero ad esse.” (Lc 24,9-11).
Sono citazioni tratte dagli ultimi capitoli di ciascuno dei primi tre Vangeli.
Allora se il dubbio assalisse anche me, sarei in “buona” compagnia…
Mi dico che forse vale la pena guardare un po’ oltre, perché le cose non sono così semplici.
Di cosa parliamo, quando parliamo del dubbio a proposito della risurrezione?
Non si tratta certo del dubbio di tipo scientifico, utile per affrontare la perplessità generata da nuove osservazioni o dall’apparizione di fenomeni che il consenso teorico ammesso fino a quel momento non riesce a spiegare; la scienza non potrebbe avanzare altrimenti.
Neppure dev’essere il dubbio di fronte all’inconcepibile, all’irrappresentabile di chi diffida realisticamente di ogni apparente forma d’irrazionalità per non cedere al pensiero magico.
Potrebbe invece trattarsi di un dubbio esistenziale: di fronte all’angoscia della morte e alle fantasie sul “dopo”, ci si potrebbe domandare: “Quello in cui credo è un’illusione? M’inganno, se ripongo la mia fede nell’Iddio onnipotente di Gesù Cristo?”
Forse questa domanda ci avvicina di più alla situazione dei primi discepoli.
Molti teologi oggi sostengono la necessità del dubbio, perché ci proteggerebbe dal fanatismo religioso. Io non sono sicuro che sia vero. Penso sia meglio tornare al testo.
Nel testo Tommaso pone condizioni per credere che Gesù sia risorto: vedere nelle Sue mani il segno dei chiodi, mettervi il dito, mettere la mano nel costato.
Tommaso dice: “Se non lo vedo”. Vuole vedere le ferite, toccarle con le sue mani.
Perché?
Semplice: perché Tommaso non ha assistito a quella morte: non era alla croce.
Quello che dice, lo dice sulla base di ciò che gli hanno raccontato i testimoni, quelli che c’erano:
“Lo hanno crocifisso assieme ad altri due, uno di qua, l’altro di là, e Gesù nel mezzo […] I soldati sono venuti a spezzare le gambe al primo, e poi anche all’altro che era crocifisso con lui; giunti a Gesù, l’hanno visto già morto, e non gli hanno spezzato le gambe, ma uno dei soldati gli ha forato il costato con una lancia”. Poco più in là Giovanni dice, presumibilmente a proposito di se stesso: “Colui che lo ha visto, ne ha reso testimonianza, e la sua testimonianza è vera; ed egli sa che dice il vero, affinché anche voi crediate”. (Cfr Gv 19).
Fin dall’inizio del cristianesimo, non solo la risurrezione, ma anche la morte di Gesù ha posto un problema. Molti non potevano concepire che il Messia, il Salvatore del mondo, il Figlio di Dio, morisse su una croce come uno schiavo. Proprio questo fatto – d’altra parte – autentica la testimonianza di Giovanni. Un Dio crocifisso? Certo! Solo dopo i discepoli capiranno il perché, è il senso della Scrittura, della profezia, era già stato detto, erano stati avvisati, Gesù stesso l’aveva annunciato durante la Sua predicazione.
Ma Tommaso deve “verificare” ciò che è successo, perchè non era presente né alla crocifissione, né alla prima apparizione del Cristo risorto. In effetti, dall’arresto in poi, di lui non c’è notizia, come anche degli altri apostoli, ad eccezione di Pietro e “un altro”, che seguono Gesù, il primo fino al pretorio e il secondo fino alla croce.
Quindi, per Tommaso vedere Gesù risorto non è solo assistere ad un incredibile miracolo, provare una gioia immensa, ma anche rivedere di nuovo colui che ha abbandonato, che è stato tradito e giustiziato, perduto per sempre. L’incontro col Risorto è una rivelazione abbagliante. Ricordiamoci che Tommaso è quello stesso che aveva detto, quando Gesù era andato a trovare Lazzaro morto, e tutti pensavano che avrebbe rischiato l’arresto: “Andiamo, anche noi, così a morire con lui!”. (Cfr Gv 11,1-46).
Pensa che distanza tra il dire e il fare, tra la fantasia e la realtà, e che pretesa…
Così, quando ora gli altri discepoli gli dicono “Abbiamo visto il Signore” lui non ci può credere, perchè … era assente … e per lui la storia è finita. Gesù non c’è.
Solo così posso capire la sua reazione quando Gesù torna per lui, per farsi vedere da lui: Tommaso non dice: “Adesso ci credo”, ma direttamente “Mio Signore e mio Dio!” Diventa all’improvviso consapevole. Non solo quello che vede è realmente Gesù, non solo è tornato nuovamente per farsi vedere dal discepolo dubbioso, non solo conosce tutto ciò che Tommaso pensa e sente, ma, dulcis in fundo, non gli serba alcun rancore, anzi l’ha sicuramente già perdonato di non esserci stato fino alla fine.
Tommaso non era alla croce, non ha visto il supplizio, eppure si scopre pacificato, riceve la pace.
Per comprendere più a fondo questo stato di cose, è meglio non dimenticare l’altro discepolo, quello che non ha visto la risurrezione e che prima degli altri aveva cominciato a vivere il dramma: è Giuda. Quando si rende conto di quello che ha realmente ottenuto consegnando Gesù, Giuda cerca il perdono perché è preso dai rimorsi. Va a trovare i sommi sacerdoti, riporta i trenta denari dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente». Ma quelli dissero: «Che ci riguarda? Veditela tu!». (cfr Mt, 27,3-5).
Giuda non ha incontrato il Cristo Risorto, almeno stando ai vangeli, e quindi non ha potuto ricevere la pace e il perdono, e la rapidità della sua decisione, l’immediatezza del non saper sopportare il rimorso, non ha lasciato spazio a un barlume di speranza; per lui, dalla sua prospettiva all’interno del racconto, Gesù non è mai risorto. Già… non è mai risorto… Giuda non è uscito dalla sua prospettiva. Ci è rimasto dentro. Dentro come ci rimane chi la pace non la cerca… e non la vuole ricevere.
L’apparizione di Gesù ai suoi discepoli è il segno della pace concessa, regalata, offerta, donata da Dio anche a coloro che hanno abbandonato e condannato il Figlio alla morte.
Questo è il significato della risurrezione per i cristiani.
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