Viaggio

Giotto di Bondone Visitazione

In quei giorni Maria si mise in viaggio

Luca 1,39-45 – Domenica 19 dicembre 2021
Quarta Domenica di Avvento

Perché Maria va in tutta fretta a visitare la sua parente Elisabetta? Non oso rispondere che voglia verificare la parola dell’angelo (1,36). Preferisco pensare che senta incontenibile il desiderio di condividere la sua gioia. Perchè no? Quello che le sta succedendo e sta accadendo a sua cugina è straordinario! Luca vuole probabilmente farci comprendere la meraviglia che ogni maternità rappresenta. Questa pagina è totalmente femminile: gli uomini sono assenti. Altri testi ci parleranno della paternità umana. Il maschio resta fuori dal mistero della gestazione e del parto, mentre Maria ed Elisabetta condividono la gioia della vita ricevuta e donata, proprio sul piano del corpo in un’esperienza che sembra andare molto oltre l’esprimibile.
In un certo senso, di ogni uomo potremmo dire che non è nato da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d’uomo, ma da Dio (cfr Gv 1,13).
Ogni maternità in sé è prima di tutto da un principio che ci trascende.
Considerato che l’esperienza della gravidanza e del parto mi manca e non riuscirò mai ad averla neanche impegnandomi molto, ho chiesto a chi l’ha avuta, per avere qualche informazione di prima mano. Cosa sempre possibile a tutti… una specie di intervista.

Ho chiesto innanzitutto notizie sull’angelo e sulla gioia. Come si riceve la notizia? Cos’è questa gioia? Io immagino che tutti saremmo chiamati ad esercitare la “funzione angelica” (cfr. Sal 19,1-7), perché indica la presenza di una parola senza parola, di giorno e di notte, nei cieli e sulla terra.
Pare che nel caso dell’intervistata gli angeli fossero un medico e un’infermiera; il primo, il fratello, disse: “Caspita, sei incinta!”
Risposta e battito di mani: “Che bellezza!”
“Ma perchè, l’avete cercato?”
“Certo!”
“Ah, beh…allora, congratulazioni vivissime!”
Si vede, penso io, che non tutti cercano un figlio e che i medici – può essere – si tengano sulle generali per non urtare eventuali suscettibilità: angeli strani!
Pare, in ogni caso, che il sentimento di gioia, facesse capolino in tutta la sua pienezza quando un’infermiera – atea – apparve all’orizzonte, simile ad Elisabetta e, posizionando un attrezzo sulla pancia della donna, la invitò ad ascoltare il battito cardiaco del piccolo di circa tre mesi. Gioia pura. Irrefrenabile. La stessa sensazione, centuplicata, al momento dell’apparizione del neonato, poggiato sul corpo della madre: sguardo a fessura, calma sovrana, seguito ad uno strepito di disappunto per la prima boccata d’aria. Una ubriacatura. Esperienza dionisiaca?

Beata colei che ha creduto nell’adempimento, mi dico (Lc 1, 45). Ciò che Maria vive in pienezza, noi lo viviamo a nostra misura: la nostra fede ci fa accogliere la Vita e la portiamo nel mondo, le diamo accesso al nostro universo. È così, che anche il Cristo si è messo nelle mani degli uomini, facendosi piccolo d’uomo, mentre sua Madre celava tutte queste cose nel suo cuore. Questo ci dice il Magnificat, che segue immediatamente il vangelo di oggi. Si noti che il Magnificat passa senza transizione da ciò che accade a Maria a ciò che accade a tutti gli umili, a tutti coloro che accolgono Dio, a tutti gli affamati. Maria è la figura dell’umanità compiuta.
Ma per tutte le altre donne non dev’essere sempre così semplice; dove sono Maria ed Elisabetta nella vita di tutti i giorni, fuori dal raggio di luce appena descritto?
Le parole che seguono lo testimoniano:

“Fino al momento del parto sembrava che tutti, in famiglia, mi considerassero preziosa, dopo, solo una specie di scatola vuota…; emergevano dentro di me anche le vecchie voci di contestazione, sussurrate dalle amiche anni settanta, che allora cominciavano ad incanutire: basta con questa storia, la favola di una istituzione maschilista, che ha fatto della maternità e dell’idealizzazione della donna-madre il primo strumento di controllo delle coscienze, finalizzato all’esercizio del potere”.

Duro, no? Duro da sentire. Anche da capire. L’oscuro equivoco. Il rovesciamento. La negazione. La menzogna. Voci fastidiose, insinuanti, che feriscono.

“Fatto sta che quando ero incinta – dice ancora la donna – non mi sentivo certo Elisabetta, né, tantomeno, Maria. Neanche avevo un marito che se ne stava muto come Zaccaria. Perchè, bisogna ammetterlo, Zaccaria almeno, uomo pio, aveva avuto in dono da Dio di potersene stare zitto per tutta la gravidanza di sua moglie! Mio marito, no. Non era pio e non aveva ricevuto il dono della perdita della parola; in compenso sapeva tutto quello che io avrei dovuto fare per essere una buona madre e lo diceva ai quattro venti, giorno e notte. La sua teoria si basava su pochi e incisivi assunti: parto in casa, allattamento al seno, nessuna vaccinazione, niente carne per i primi tre anni, stop alla medicina allopatica, e soprattutto niente battesimo. Tutto, alla luce di studi approfonditi, naturalmente, le cui fonti principali, oltre a fiumi di stampa alternativa, erano: un ottantenne medico omeopata, uno yogi vegano, e un non altrimenti identificato maestro, specie di guru della sinistra svaporata, in grado di tutto conoscere e tutto illustrare.
Siccome… come è scritto nella Bibbia?… La mia brama era verso mio marito ed egli mi dominava – (Gn 3,16b)… [ndr] – non fui in grado di difendermi da simili idiozie erette a contro-ideologia metafisica. Grazie al cielo mi salvai dal parto in casa, per sopravvenute complicanze (benedette complicanze! Forse un altro angelo…) che fecero apparire assai più sicuro un normalissimo parto in ospedale. Mi sottoposi all’allattamento al seno (col latte che non avevo) e poi, piangendo di inadeguatezza, mi arresi all’allattamento misto. Le angosce derivate dagli innumerevoli tabù omeopatici, veri o presunti, si acquietarono per il tramite di un’avveduta donna medico omeopata non fondamentalista. (Ancora un angelo o addirittura Elisabetta?). La carne rossa, il piccolo d’uomo la mangiò a partire da un anno di età e in compenso mangiò sogliole omogeneizzate a più non posso e lenticchie rosse decorticate. In seguito, appena varcò le soglie dell’asilo, divorò tonnellate di merendine e intrugli zeppi di additivi e conservanti al tavolo delle merende con i compagni: succhi, patatine, hamburger, ketch-up, bastoncini fritti (di pesce, ma lui credeva fossero qualcos’altro – questo lo scoprii dopo) coloranti, antibiotici, zuccheri, grassi e addensanti, poi addirittura allo studio dell’OMS per sospetta cancerogenicità. Proprio come tutti i bambini.
Il battesimo rimase l’unica seria sconfitta, questione non affrontabile e disattesa. Tra l’altro, se dicevo che andavo a messa (cosa stigmatizzata come diseducativa) il dileggio mi circondava: sorda e beffarda rimaneva cotanta sinistra-svanita al grido di libertà che, fievole, usciva dalla mia gola. Una volta, forse memore delle risatine beffarde degli stolti, il piccolo d’uomo, con un innocente calcio al pallone, abbatté imprevedibilmente il crocifisso di legno che tenevo nel mio angolo di pace, mentre i sensi di colpa mi sommergevano.
Dov’erano Maria ed Elisabetta, e anche Zaccaria? E Anna e Simeone? Neanche l’ombra.
Se proprio dovessi identificarmi con una donna di cui parla il vangelo, potrei essere più in sintonia, con Anna, la profetessa, quella che dopo sette anni di matrimonio, non si allontanò più dal tempio: il tempio per me è un luogo nel quale ci si senta pacificati e amati e, per questa unica ragione, si sia capaci di amare; noi esseri umani abbiamo ancora molto da imparare a questo proposito: non cedere alla menzogna, aprire gli occhi sulla realtà, non illudersi sul senso dell’uguaglianza tra i sessi. Il prezzo dell’errore potrebbe essere ritrovarsi complici della peggiore confusione e privati di quell’intelligenza creativa e generativa che contribuisce a rendere il mondo un posto migliore. Siamo tutti uguali, sì, ma è una valutazione morale, che dovrebbe potersi specchiare in leggi adeguate. Le donne sono, per fortuna, molto, molto diverse dagli uomini”.

E mi viene da aggiungere: immagina un mondo di soli uomini, o di sole donne; e non basterà obbligarsi a pensarlo come un grande insieme LGBTQ+ con tanto di distinguo tra cis- e transgender, per sentirsi più moderni e pronti sul pezzo a risolvere il problema.
In giro ci sono pochi cristiani che prendono il vangelo sul serio: a troppi purtroppo manca il sale e non ci dovremmo neppure meravigliare che lo spettro dell’autoritarismo, della distorsione del pensiero, della confusione delle parole sia a destra che a sinistra si aggiri per l’Europa, e che magari si difenda ipocritamente il natale con il presepe e le “sane” tradizioni della cultura europea. 

Il Natale è in gran parte disatteso, mentre si vuole il popolo come massa di spettatori, intrattenuta da ogni sorta di meraviglia circense.

Un grazie sentito ad Elisabetta e Maria, ma anche a tutte le altre donne capaci di accogliere la vita, di gioirne, di mettersi in viaggio; capaci di futuro e di stare in piedi, non solo davanti alle difficoltà, ma anche davanti a Dio.
Buon Natale! E buona rinascita a noi tutti.

NB: per info sull’immagine di copertina clicca qui

Pubblicato da Oliviero Verzeletti

Missionario Saveriano. Nato a Torbole Casaglia (BS). Cittadino del mondo, attualmente residente in Italia, a Roma dopo diversi anni trascorsi in Camerun.

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