Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto e riposatevi un po’.
Marco 6,30-34 – Domenica, 18 luglio 2021,
Sedicesima Domenica del Tempo Ordinario
Una grande folla può sembrare un gregge e se le persone si accalcano disordinatamente attorno a chi le guarisce dai loro malanni, la compassione può afferrarci.
Le folle, più in generale, cercano un leader, un punto di riferimento umano che incarni le loro aspettative. Di fronte a queste pecore che chiedono una guida, qualcuno potrebbe essere tentato dall’idea di diventare un mentore, per addestrarle tutte come un solo uomo.
Il Nazareno si fa “maestro” laddove incontra bisogno e speranza, piegandosi alla realtà del mondo e alla vita degli uomini, tra i quali egli stesso si è fatto uomo; Gesù diventa “pastore” per rispondere alla prostrazione di uomini e donne privati di una direzione vitale. Il Cristo Pastore, quindi, non addestra un gregge, chiama per nome ogni persona, additandole la via. Così facendo, però, fa esplodere il gregge, fa a pezzi la colonia, perchè lacera i vincoli servili che si instaurano facilmente tra gli esseri umani.
Il Cristo non viene per radunare un gregge, una massa indifferenziata di pecore sbandate, ma invita ciascuno a parte, anzi in dis-parte, per un sentiero specifico; conoscendo ogni cosa, con ciascuno coltiva un legame unico, mantenendo un attaccamento, un’amicizia, potremmo dire, singolare. ll Cristo non ha nulla a che fare con la moltitudine gregaria, cerca il legame individuale, l’attaccamento intimo, la relazione libera, perché l’incontro esiste solo nel particolare, nel distinto, tra qualcuno e qualcun altro, fuori dal gruppo, fuori dal clan.
L’unione tra due persone è vera solo nella totale libertà di entrambi, fuori da ogni influenza, coercizione o schiavitù. La comunione nell’incontro non è dissoluzione nell’altro o assorbimento dell’uno nell’altro come nell’amore romantico; tantomeno può essere rappresentata dall’obbedienza cieca che s’immola per principio. Questi tre atteggiamenti relazionali rappresentano altrettanti pericoli di fronte ai quali la cautela è d’obbligo e non hanno nulla di “cristiano”.
In linea generale non è la pecora obbediente che mobilita il pastore, ma quella smarrita; il pastore può addirittura abbandonare il gregge per re-instaurare il legame con quella particolare pecora che vede a rischio altrove. Il Cristo non diffonde la sua sapienza come una quantità di materia omogenea distribuita in scatola, usando stampini per contenerla e offrirla a tutti in piccole dosi. L’insegnamento è donato, per compassione, a ciascuno; ascoltarlo non dipende dall’appartenenza all’ovile, né dalla fedeltà ad alcuna corrente, ma da una disposizione e poi da una decisione personale.
Ciò che possiamo chiamare salvezza nasce da un’apertura senza riserve all’altro; dipende dalla decisione di vivere per sempre con quell’altro, piuttosto che da soli. Si sceglie: il movimento piuttosto che l’immobilità, l’inaspettato piuttosto che il previsto, il nascente piuttosto che il morente, la vita piuttosto che la morte.
Il movimento del Cristo, il suo muoversi a compassione, il suo essere visceralmente commosso, è il risultato che emana dalla sofferenza di chi non ha più appartenenza, di chi è stato sradicato a forza dalla propria terra d’origine, tradito da un inganno.
Chi è questo, così mal messo?
Tutti. Sono io, sei tu, è lui, è lei; sono tutti quelli che appartengono a quella folla instabile, che corre a destra e a manca, che va dove tira il vento, influenzata dall’influencer più vicino. Lì, se non si va alla stessa velocità, se si esita, si è sospinti, stretti, forse si può essere anche travolti o calpestati o spingere altri ad essere travolti.
In un movimento di gregge, senza una guida saggia che operi in noi, non esiste discernimento individuale e decisione personale; si è solo trascinati lì dove va la massa. È questa folla indiscriminata, instabile, che turba, che commuove, una folla senza pastore, la stessa che poi – in queste stesse condizioni – è capace di gridare a gran voce “crocifiggilo!”
Il fenomeno gregario è sempre esistito, ed esiste anche oggi. La massa si aggrega dove la cosiddetta “riprova sociale” indica, inducendo tutti coloro che non sanno cosa fare o cosa pensare a adottare con molta naturalezza il punto di vista altrui.
Si pensi alle recensioni online oggi così diffuse, ai fabbricatori di opinioni, oppure all’atteggiamento di chi cerca un ristorante, un albergo, così come uno stile d’abbigliamento e perfino un luogo di culto: il più delle volte andrà in un luogo dove semplicemente c’è già molta gente.
La riprova sociale indica la direzione della mandria, di tutti quelli che non osano o non sentono la necessità di consultare troppo se stessi.
Per il ristorante o il vestito il rischio è limitato, ma quando c’è qualcuno che, ad esempio, costruisce o propaga menzogne, oppure istiga alla violenza, gli effetti della riprova sociale e i meccanismi gregari possono essere disastrosi.
Il racconto evangelico di questa domenica mette in luce il punto di vista cristiano su questo stato di cose, quando all’interno dei gruppi umani vige la mancanza di discernimento.
L’invito è: “Venite in disparte, in un luogo deserto, e riposatevi un po’”: venite “voi stessi”, o venite “voi-altri”: c’è un momento specifico per ciascuno di noi nel quale è necessario prendere le distanze da quella situazione.
Venite in disparte: separarsi dalla folla è l’opposto dell’atteggiamento gregario.
Infine: “in un luogo deserto”: in solitudine.
L’esito è il “ri-poso”, ovvero il posarsi nuovamente, avendo abbattuto l’istinto gregario e avendo trovato la propria direzione.
Non è un caso che il Vangelo di domenica prossima ci parli della moltiplicazione dei pani; per vivere uniti in noi stessi occorre prima trovare il Significato e la Via.
Alcuni si disperdono, altri rimangono, altri si spostano geograficamente, altri no.
La sosta nella Parola, nel luogo in dis-parte nel quale il Cristo parla donando la pace, non è per correre insieme indistintamente, ma per ricostruire insieme ordinatamente. Non sbagliamoci proprio sul Pastore…per favore.
NB: in copertina, foto di un particolare di un dipinto custodito nella Pinacoteca di Siena.