Dormire sul cuscino

Brueghel Jan, Cristo nella tempesta del mare di Galilea, 1956

Se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva

Marco 4,35-41 – Domenica, 20 giugno 2021,
Dodicesima Domenica del Tempo Ordinario


Sarà l’estate che arriva, sarà la stanchezza accumulata durante tutto l’anno, ma la voglia di dormire appoggiando la testa su un bel cuscino qualche volta diventa proprio un desiderio forte …
Più ci penso, più ho l’impressione che questa Parola indichi la possibilità di un pericolo per noi proprio là, dove mai penseremmo che sia.
Certo, ci sono tempeste anche nella nostra vita, tempeste che spazzano via tutto, che sconvolgono, che destabilizzano: conflitti, lutti, catastrofi, pandemie. Sono eventi che accadono fuori di noi, che ci cadono addosso, spaventosi perché minacciano di distruggere tutto quello che ci sta a cuore. Questa dev’essere stata la percezione dei discepoli durante la tempesta, quella sera mentre cercavano di passare all’altra riva.
La tempesta è un fenomeno noto su quel lago: lo specchio d’acqua si trova ad almeno 200 metri sotto il livello del mare, circondato da alte colline. La gente del posto sa bene che l’aspetto del lago può cambiare in breve; soprattutto dopo giorni di calura, il vento può alzarsi e soffiare con improvvisa violenza fino a cadere quasi verticalmente sulla superficie dell’acqua, provocando onde simili a quelle di una tempesta marina. Poi, altrettanto improvvisamente, il vento cala, tutto si ferma e torna la calma; dopo, resta difficile credere all’accaduto. Ma per quelli che sono in barca sul lago quando questo fenomeno si produce, la situazione è molto pericolosa, perché rischiano la vita.
Allo stesso modo nessuno di noi può sentirsi al totale riparo da certe forze naturali o da certi eventi tragici che sembrano colpire alla cieca. Allora diventa “normale” gridare la propria angoscia a Dio, chiedergli di liberarci dal pericolo, domandargli dov’è: sembra proprio non vedere, non rendersi conto… forse sta dormendo…
Lo scopo del testo di oggi potrebbe non essere tanto quello d’insegnare come gridare e chiedere aiuto, quanto un invito a rovesciare la prospettiva. I discepoli gridano il loro terrore, ma Gesù sembra addirittura “infastidito”, tant’è che li rimprovera, li biasima per la mancanza di fede. In questa storia oltre al sonno di Gesù un dettaglio dà da pensare: il cuscino.
Com’è possibile dormire su un cuscino, dentro una piccola barca da pesca, sballottata dalle onde, già piena d’acqua, mentre il vento infuria?
C’è qualcosa di surreale, come se Gesù in quel momento si trovasse su un altro pianeta, su un altro piano rispetto ai discepoli – e a noi – come se avesse tutt’altro atteggiamento rispetto a quello che ci aspettiamo debba avere.
Eppure è altrettanto vero che il pericolo più grande nelle nostre vite personali spesso non è dove pensiamo che sia. Il più delle volte siamo spaventati da possibili calamità esterne, da temporali, fulmini e saette che cadono dall’esterno sul nostro piano individuale e soprattutto a prescindere dalla nostra volontà. Il pericolo più serio potrebbe essere in quel momento dentro di noi, potrebbe essere la nostra reazione e la nostra angoscia: paura di perdere terreno, di rimanere indietro, di perdere qualcosa, qualcuno, di non farcela, di trovarsi permanentemente sull’orlo dell’abisso, che può sommergerci da un momento all’altro; paura di sprofondare, di soffocare, di annegare.
Ci sono tempeste del genere, e sono sicuramente le peggiori; ci si trova ad avere paura di tutto, perfino delle proprie sensazioni, dei propri pensieri, delle proprie emozioni; non ci ritroviamo più, letteralmente perdiamo la bussola; vorremmo metterci al riparo, ma non sappiamo come. Può capitare di sentirsi presi in un vortice, trascinati in fondo, nell’abisso della nostra stessa disperazione. Senza speranza.
Questo credo sia il pericolo più grande per la nostra vita: la paura, che si trasforma in angoscia e diventa disperazione: una tempesta di lago, una tempesta che viene dall’interno, non dall’esterno; più pericolosa – per il singolo – di uno tsunami.
Forse questa Parola vuole indicare non come chiedere aiuto, piuttosto come dormire, come chiudere le porte alle nostre spaventose sensazioni durante la tempesta di lago.
Questo “dormire su un cuscino” è una metafora del “fidarsi”, dell’“avere fede”. È difficile dormire quando si ha paura, non ci si addormenta quando la mente è irrequieta. Fidarsi di Dio vuol dire sentire che in fondo non si ha nulla da temere, né dalla realtà esterna, né dalle forze profonde che si agitano dentro di noi.
E come si fa?
Non c’è niente da fare di speciale; per “non fare” occorre anche un po’ capire che durante la tempesta di lago, dentro la nostra barca già piena d’acqua, mentre tutto sembra perduto, proprio lì con noi, c’è anche Dio, più autorevole di qualsiasi tempesta.
Finché non ci accorgiamo di questo, non possiamo neanche cominciare a fidarci sul serio e quanto più ci disperiamo, tanto più il mare e il vento ruggiscono, e le onde diventano montagne.
L’unica forza che può fermare il vento è veramente la fede.  È stato per una fiducia assoluta che Gesù si è addormentato – in Dio – ed è stato in grado di fermare la tempesta.
La fede è il cuscino sul quale possiamo – in barba a qualsiasi elucubrazione concettuale – riposare al riparo dalle onde.
La nostra pace può donare pace anche agli altri, a coloro che ci circondano, che hanno intrapreso la nostra stessa strada, e può “svegliare” anche chi sembra cedere alla disperazione.
Questo non significa in alcun modo che non ci saranno più tempeste, ma che possiamo permetterci di appoggiare la testa sul cuscino perfino in mezzo alla peggiore tempesta.
Avremo fatto poco o niente, ma il pericolo sarà svanito. La fiducia, la fede nella presenza di Dio con noi, nella nostra stessa imbarcazione, calma le tempeste e guida verso l’altra riva…
Troppo spesso a quest’altra riva annettiamo significati oscuri, che nulla hanno a che fare con quel che Gesù voleva e vuole dirci.

E come i discepoli “lo presero con sé, così com’era, nella barca” … penso che anche noi siamo messi in salvo, così come siamo…

NB. In copertina Bruegel Jan, origine del file PD

Pubblicato da Oliviero Verzeletti

Missionario Saveriano. Nato a Torbole Casaglia (BS). Cittadino del mondo, attualmente residente in Italia, a Roma dopo diversi anni trascorsi in Camerun.

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