La chiamata

Quando già era l’alba Gesù si presentò sulla riva,
ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù.

1° maggio 2022 – Terza Domenica di Pasqua
Giovanni 21,1-19

La pesca miracolosa è un evento posteriore alla risurrezione. La memoria torna all’altra pesca miracolosa narrata in Lc 5: ne emerge una continuità tra la manifestazione del Gesù terreno e quella del Gesù Risorto.
I due racconti hanno in comune lo sfondo di una pesca notturna infruttuosa da parte di Pietro e dei suoi compagni; in entrambe le situazioni Gesù chiede di gettare ancora le reti e ne consegue uno straordinario successo, mentre è messo in risalto il ruolo di Simon-Pietro.
I discepoli quindi, ora, sono gli stessi di prima, alle prese con i soliti problemi di sopravvivenza, impegnati nelle stesse attività. Ancora una volta Pietro è docile davanti alla richiesta di qualcuno che in quel momento non ha riconosciuto; quella persona gli dice di buttare di nuovo le reti e lui lo fa. Non vuole offendere un passante o questa vita quotidiana lo rende troppo stanco per avere una reazione personale?
I discepoli appaiono demoralizzati, confusi, sembra di vedere la situazione preannunciata al capitolo 16: «Ecco, viene l’ora, ed è questa, dove sarete dispersi ciascuno dalla sua parte, e dove mi lascerai solo…”.
Certo, gli apostoli non sono più rinchiusi, sono usciti dalla paralisi della paura, ma sono tornati ad agire come prima. D’altronde, come biasimarli?
Qui, l’identità dell’uomo in riva al lago è nota solo ai lettori. Come è possibile che i discepoli che hanno visto Gesù risorto più volte, ora non lo riconoscono?
Temo accada spesso anche a noi…
Qui, né la presenza di Gesù, né le sue parole permettono di identificarlo, però proprio presenza e parole sono i segni che fanno aprire gli occhi al discepolo che Gesù amava: “È il Signore!”
Pietro, come al solito, si distingue dagli altri: fa, senza neanche riflettere, poi si accorge e si lancia verso il Cristo… si tuffa nell’acqua per arrivare prima.
Non è il leader che ha bisogno di creare commissione dopo commissione per la minima decisione da prendere. Lui va. Gli dicono “getta la tua rete”, lui lancia la sua rete… e ha ragione, la cosa funziona! Tira a riva una rete piena di 153 pesci. Secondo San Girolamo, il 153 potrebbe significare la pienezza, la totalità, visto che tante erano le specie di pesci che gli antichi conoscevano. A prescindere dalla numerologia, il quantitativo è molto più alto di quello che serve ad una famiglia per vivere e le reti non subiranno alcuno strappo…
Arriverà il momento del pasto. Quando la pesca è finita. Ma, guarda caso, non occorre cucinare il pesce pescato, perché Gesù ha già preparato un pasto per i discepoli. Tutto è pronto. Pronto, ancor prima che il frutto della pesca sia portato a riva.
Ne ricavo che non esiste un modello unico di fede, la qual cosa è rassicurante per ciascuno di noi. Questi uomini che hanno seguito Gesù per tre anni, che hanno fatto grandi cose con lui, che hanno visto e sentito grandi cose, che hanno cambiato la vita di milioni e milioni di persone nel tempo e nello spazio, questi uomini, dopo il grande sconvolgimento dell’incontro col Nazareno sono stati nuovamente tentati di gestire la loro vita quotidiana, facendo le stesse cose alla maniera di prima.
Credo che questa storia alleggerisca quel senso di insufficienza rispetto a ideali troppo trionfalisti.
Il dubbio e anche il desiderio di fare un passo indietro rispetto ad una pratica religiosa, può essere legittimo, a volte perfino necessario in vista di una ripartenza, di un rapporto più sano con il Sacro.
Il “pasto pronto” viene offerto proprio nel momenti in cui siamo più confusi, quando Dio sembra il grande assente, quando la Sua Parola non tocca più la nostra vita, quando non lo riconosciamo nemmeno nell’azione dei nostri compagni di viaggio.
Quello che ci frena veramente è che non siamo disposti a rispondere alla chiamata, alla chiamata urgente a fare quello che in questo preciso momento in cui viviamo va fatto. Si tratta di qualcosa che, in fondo, non ha nulla di eccezionale. L’eccezionalità risiede in Colui che chiama e che detiene realmente il potere di guidarci.

Dovremmo essere portatori di speranza per coloro che sono minacciati, portatori di sorriso per coloro che vivono nel terrore, costruttori di pace tra chi sa solo distruggere e distruggersi nell’illusione di essere potente e immortale.
Dovremmo sapere che quando ogni tentativo che porta verso la pace e la giustizia sembra infruttuoso, ogni piccolo obiettivo ragionevole impossibile da raggiungere, c’è ancora una volta da gettare le reti per disporsi ad accogliere l’inaspettato.
Ora, adesso, c’è solo da rispondere alla chiamata di pace.

NB: per info sull’immagine di copertina clicca qui.

Pubblicato da Oliviero Verzeletti

Missionario Saveriano. Nato a Torbole Casaglia (BS). Cittadino del mondo, attualmente residente in Italia, a Roma dopo diversi anni trascorsi in Camerun.

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